Può tutto la bellezza della musica. Può ricostruire gli animi feriti dalla pandemia e dalle privazioni che tutti abbiamo subito. Ma soprattutto può restituire un senso di meraviglia e normalità a chi ha vissuto lontano dal palcoscenico un tempo che è sembrato infinito: ecco cosa trovi in questa storia di Giuseppe.
Sono Giuseppe Zema, ho trent’anni e in questo momento faccio il professore.
Scrivo in questo momento perché prima che la pandemia stravolgesse la vita di molti di noi, la mia professione era quella del cantante lirico, che continua a essere la mia passione più grande. Era bello andare in giro per l’Europa per fare quello che veramente ho nel cuore.
Da un po’ di tempo a questa parte mi chiedo come sarà vivere la mia passione da ora in poi. Come sarà tornare sul palcoscenico ed esibirmi nuovamente.
Beh… chi può dirlo!
È ormai da mesi che cerco di trovare una risposta a questo mio interrogativo.
Ora sto iniziando a intravedere la luce in fondo al tunnel, infatti ho iniziato circa un mese fa a fare le prime audizioni. Ho nuovamente assaporato quella sensazione di aver trovato il mio posto: il palcoscenico che tanto amo. Mi ha reso felice, mi sono sentito libero. Per vivere la “normalità”, quella vera, secondo me si dovrà aspettare ancora un bel po’ di tempo e poi sarà tutto come era prima.
Almeno questa è la mia speranza. E forse non solo la mia.
Sono certo però che apprezzeremo di più le piccoli e grandi cose che la vita ci dona.
Questo periodo mi ha cambiato di certo e mi sento di dire che non sono diventato migliore: anzi, la cosa che balza subito ai miei occhi è che mi sono impigrito tantissimo.
Il rimanere chiuso in casa mi ha tolto davvero tante energie. A partire dal primo giorno, quando mi è stato negato di poter stare all’aria aperta e a contatto con la natura, ho avvertito che un equilibrio si stava “rompendo” in me.
Nonostante tutto, ho cercato di essere positivo. Ho cercato qualcosa che potesse tirarmi su e allontanarmi da questo atteggiamento.
Devo ringraziare la mia famiglia, la mia ragazza e i miei amici che mi hanno dato forza quando forse non credevo di averla dentro di me. Tante sono, infatti, le cose che mi sono mancate in tutto questo tempo di restrizioni: il divertimento con gli amici, i contatti, la compagnia insomma.
Credo, però, che ci sia stato e tuttora ci sia un senso dietro a tutto questo.

Io l’ho trovato nella possibilità di dedicare un po’ di tempo a pensare. Sono stato costretto a fermarmi e ragionare e leggermi dentro. Questo è stato il senso per me. Fare il cantante, in fondo, significa lavorare ogni giorno sui significati, sui dettagli e sulla bellezza.
Credo sarà ancora più bello ritrovarla nella musica non appena si tornerà a quella meravigliosa normalità.
Appena si potrà viaggiare con più tranquillità, farò senz’altro un viaggio.
Verso dove? Ancora non ci ho pensato, ci sono tante possibili destinazioni.
Il mio obiettivo è stato sempre quello di restare felice. Sono tutt’ora felice, nonostante le restrizioni. Il mio più grande obiettivo professionale, è quello di cantare a “La Scala” di Milano, è uno dei pochi teatri italiani che manca nella mia carriera. Un consiglio per chi leggerà queste righe? Quello di avvicinarsi il più possibile a tutte le arti.